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Il mio bambino è difficile

Federica Tilgher • Mar 12, 2021
“Mio figlio non è come gli altri”. “Il mio è un bambino difficile”. “Perché tuo figlio dorme e il mio no?”. “Perché mio figlio piange sempre, anche se lo riempio di attenzioni?”

Quante volte avete sentito o pronunciato questa frase? Rispondere che i bambini sono tutti diversi è banale. Certamente lo sono. Ognuno di noi è unico. 

Ma c’è qualcosa di vero nella sensazione di avere un bambino difficile e, sebbene non possiamo fare troppe generalizzazioni, ci sono elementi che possono spiegare perché per alcune mamme le cose non siano facili come per altre. 


SI CONFORTA DA SOLO o SEGNALA IL SUO RISVEGLIO?

Con specifico riferimento al sonno, la prima distinzione che possiamo fare è tra Self Soothers e Signallers.
Già dalla nascita, infatti, alcuni bambini sono portati a concatenare i cicli del sonno senza bisogno di intervento esterno (Self Soothers) mentre altri hanno bisogno di segnalare la propria presenza e necessitano dell’aiuto dei genitori – o comunque di un qualche trigger esterno – per potersi riaddormentare e proseguire il proprio sonno (Signallers).

Ne consegue che, mentre i primi riescono a dormire tante ore di seguito già dopo pochi mesi dalla nascita, per i secondi questo processo potrebbe richiedere anche anni o, comunque, un percorso specifico da parte dei genitori. E già questa, è una grande differenza. 


TARASSACO o ORCHIDEA?

Un’altra spiegazione ci arriva dalle teorie evoluzionistiche dello sviluppo (e in particolare da Boyce e Ellis), che ha portato a distinguere due tipologie di bambini, in base al loro grado di reattività (aka: livelli di cortisolo) rispetto a fattori di stress esterno. Per definire queste categorie sono stati utililizzati i nomi di due fiori.

Dandelions (tarassaco)
• Si adattano facilmente a diverse situazioni.
• Riescono bene, fioriscono in quasi tutte le condizioni.

Costituiscono l’80% della popolazione! Per questi bambini, la natura (nature) ha fatto quasi tutto il lavoro. Sono bambini “facili” dalla nascita, sui quali il contributo dei genitori (nurture) avrà meno influenza.

Orchids (orchidea)
• Hanno necessità di un ambiente specifico.
• Molto suscettibili a quello che li circonda.
• Hanno sensibilità sensoriali in almeno un’area (frequentemente quella uditiva). 

Se posti nelle condizioni giuste (il giusto ambiente e buon parenting), queste meravigliose orchidee nella vita possono avere piu empatia, si ammalano meno, hanno una migliore qualità della vita e relazioni migliori rispetto agli altri.
Tuttavia, se le condizioni non sono ideali, vale l’esatto opposto. Basti pensare a cosa succede a una pianta di orchidee se la spostate anche solo di 2 metri, in un punto piu buio della casa. 

È genetica la predisposizione ad essere orchidee (susceptibility); il fatto di manifestarlo o meno – e fino a che punto – dipende invece dall’ambiente e da quello che fanno i genitori.

Attenzione però: questo vale sia che i bambini crescano in condizioni di stress che nell’esatto opposto, perché in entrambi i casi il bambino risponde all’ambiente più dei suoi coetanei. 

Nel primo caso (ambiente negativo, cattivi genitori), infatti, il bambino esprimerà i propri geni “orchidea” per proteggere se stesso dall’esposizione allo stress. Nel secondo caso (ambiente di estrema protezione e attenzione, dove il bambino viene tenuto lontano da ogni stress), invece, questi intensificherà la propria sensibilità per poter godere appieno dei benefici.

È importantissimo comprendere questa dinamica, perché spesso i genitori si chiedono se hanno fatto qualcosa di sbagliato. Mentre invece questi sono meccanismi evoluzionistici fuori dal nostro controllo. 

Cosa fare, dunque, se il vostro bambino è un’orchidea?

Il livello alto di attenzione all’ambiente tipico di questi bambini fa sì che spendano più tempo per processare le informazioni relative a cambiamenti ambientali o alle novità (registrano più dettagli degli altri!) e, spesso, abbiano per questo più paura o difficoltà a “spegnere i pensieri”. Insomma, fanno fatica ad addormentarsi e si svegliano più spesso. 
Comprendere che questi bambini sono più sensibili della maggiorparte dei coetanei, significa aspettarsi di dover intervenire più spesso durante la notte (ahimè), di prolungare il co-sleeping (che amano) per diversi mesi o avere più accortezze nella gestione dell’ambiente. Per esempio abbassando il livello di luci e suoni più a lungo degli altri bambini (anche un paio di ore prima della nanna), e favorendo attività rilassanti. 
Per loro, infatti, valgono tutte le raccomandazioni e gli strumenti utili per i bambini con difficoltà sensoriali (shusing, swaddling, rumore bianco, vibrazioni e dondolini, massaggi o pressioni ferme, ciuccio). 

Non ultimo, attenzione al vostro livello di ansia e stress: proprio perché più sensibili, questi bambini sono anche profondamente influenzati dal vostro stato. 

È bene accettare questa caratteristica come tutte le altre (cosi come avete accettato che avesse gli occhi azzurri invece che castani), senza perdervi in confronti con altri bambini. Esserne consapevoli vi aiuterà a capire che il bambino ha bisogno di un aiuto in più per regolare le proprie reazioni. 

Nella pratica questo può significare avere per un’orchidea di 18 o 36 mesi le stesse piccole attenzioni che si avevano a 2 mesi (livello della luce, temperatura, rumori, comfort in generale) mentre il bimbo dandelion – superati i primi 3 mesi di grande reattività tipica del neonato – dal quarto mese in poi ha reazioni di stress molto meno drammatiche.

Il secondo consiglio è focalizzarvi sugli aspetti positiviPer esempio, considerate che il fatto di essere estremamente reattivi, li rende molto acuti (sono i bambini che riescono a notare anche i piccoli dettagli in un solo colpo d’occhio o cogliere quello che dite anche se stanno in un’altra stanza). Insomma, state crescendo bambini che un domani potrebbero essere adulti molto brillanti.

P.S. Siccome gli studi non finiscono mai, aggiungo che nel 2018 un gruppo di ricerca ha parlato anche di una categoria intermedia, definita Tulips (tulipani). 

TEMPERAMENTO

Un altro ambito che ci aiuta a comprendere perché un bambino può essere più impegnativo di un altro è il temperamento.

Per Temperamento, in questo contesto, si intende il profilo del bambino secondo nove tratti innati, identificati da un gruppo di pediatri (Thomas, Chess e Birch) già il secolo scorso:

  1. Intensità motoria (calmo o si muove come un’anguilla?)
  2. Regolarità delle funzioni primarie (prevedibile oppure ogni giorno diverso dall’altro?)
  3. Risposta alle novità (reagisce con curiosità o paura davanti a un nuovo oggetto o a una faccia non familiare?)
  4. Adattabilità ai cambiamenti esterni (bambino flessibile oppure si stressa molto in condizioni ambientali diverse o nuove?)
  5. Sensibilità agli stimoli (si attiva immediatamente? Tollera bene suoni, luci, odori oppure questi lo irritano o spaventano)?
  6. Intensità delle risposte (moderato oppure va da 0 a 100 in modo drammatico?)
  7. Umore generale (calmo e tranquillo oppure spesso agitato? Si intuisce facilmente oppure leggere il suo stato d’animo è difficile?)
  8. Distraibilità (riesce a concentrarsi su una determinata faccia, un giocattolo, un’attività oppure si distrae facilmente?)
  9. Persistenza (il bambino rinuncia velocemente oppure è testardo e insiste finché non riesce a ottenere quello che vuole, sia questo raggiungere un giocattolo oppure attirare la vostra attenzione?)
 Sono tratti genetici che contribuiscono a formare la personalità del bambino, insieme ad altri fattori esterni (in particolare, l’interazione coi genitori). 

Ci sono stati tentativi di interpretare questi tratti, raggruppando i bambini in categorie: Bambini Facili (40%), Bambini difficili (10%), Bambini a reazione lenta (15%), Bambini non catalogabili (35%). 

Io non amo questo tipo di catalogazione generica. Preferisco basarmi su un’analisi attenta dei singoli tratti.
È comunque chiaro che, se numerosi di questi propendono verso l’estremo, saremo in presenza di un bambino più esigente di altri. 

Parlare, infatti, di bambini “esigenti” e non “difficili” significa ricordarci che nel bambino non esistono i “VOGLIO” ma solo i “HO BISOGNO DI”.

Viste in quest’ottica, i genitori possono accettare le difficoltà con uno spirito diverso.

Ciò che conta, infatti, è mettere bene a fuoco le caratteristiche del proprio bambino per comprendere meglio i comportamenti e avere più pazienza.
Va compreso che alcuni atteggiamenti sono dettati da caratteristiche innate e non volontarie, soprattutto nei primissimi anni di vita, quando il bambino fa ancora fatica a modulare le sue emozioni in modo autonomo ed efficace.

E a tutta la famiglia e agli amici dico sempre di dare una mano in più. 
Perché, se è vero che ci siamo passati tutti, i genitori di bambini “speciali”, ci "passano" di più 😊

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